Alle quaranta settimane ogni sera mi addormentavo sperando che mi sarei svegliata con le prime contrazioni. Nascerà stanotte, mi dicevo.
Certo, temevo il dolore del travaglio, il parto del mio primo figlio era stato lungo e avevo ancora i ricordi di momenti di disperazione lungo i bianchi corridoi dell’ospedale, tra un tracciato e l’altro, con l’incubo della sofferenza fetale.
Ora stava per nascere la mia seconda bambina e non volevo ripetere quello strazio. Ci eravamo preparati ormai da mesi per riuscire ad avere una nascita naturale in casa. Le ostetriche Lisa Forasacco e Giulia Kuzminac sarebbero venute a casa mia a travaglio iniziato, avrei aperto loro la porta come la si apre ad un amico intimo, che è il benvenuto anche quando si è in mutande.
Così aspettavo la tua nascita, Rita.
Era passato il termine da una settimana e all’appuntamento di quel sabato pomeriggio sono arrivata un po’ agitata. Avevo poco liquido amniotico, Lisa mi avrebbe visitata.
Lo studio di Mamaninfea è un luogo rilassante. Mi piacciono le mani calde dell’ostetrica sulla pancia.
Cercavo di lasciare da parte i pensieri per solo “sentire”, vivere nel corpo, parlare con la piccola Rita dentro di me. La nascita si avvicina, non avere paura, ce la faremo, mi dicevo.
In macchina di ritorno verso casa arrivano le prime contrazioni. Ecco a cosa servono le maniglie sopra le portiere. Mi appendevo e mugugnavo, tenevo il respiro, mi irrigidivo. Era l’inizio del travaglio, lo riconoscevo.
Michele, ci siamo, ora guarda l’orologio, la mia percezione del tempo si farà imprecisa, con la testa sto andando da un’altra parte, sono impegnata a respirare a fondo.
Una volta a casa mi sono infilata in doccia, l’acqua da sollievo al corpo che si torce.
Michele segnava i minuti e interpretava l’intensità del dolore.
Aspetta a chiamare Lisa e Giulia, che non le disturbiamo per niente.
Contrazione, cinque minuti, contrazione, cinque minuti.
D’accordo, chiamale, ora è meglio che ci siano.
Sul divano di casa alternavo momenti di lucidità all’onda dolorosa e totalizzante della contrazione. Allora “vocalizzavo”: cantavo vocali, come in un video che avevo visto. Urlare mi sembrava aiutasse. Così come respirare a fondo.
Stavo sdraiata, poi raggomitolata, poi supina, poi raccolta.
Michele mi teneva le mani sulla schiena, a volte massaggiava. Le ostetriche erano arrivate ma stavano in disparte o forse nell’altra stanza, ogni tanto sentivano il battito della bimba.
La mia percezione del tempo e dei dintorni è molto imprecisa: sono tornata in doccia, mi hanno detto poi; a un certo punto Michele ha acceso una candela, mi viene ora in mente.
Non ricordo che il dolore partisse da un punto preciso del corpo; semplicemente mi invadeva, come un’onda da cavalcare e da scavalcare. Io con il pancione, dentro la bimba che avrei visto presto.
Vuoi venire in vasca? Sì. A un certo punto ho detto di sì.
La piscinetta di fianco al letto era piena e calda. Tra una contrazione e l’altra mi sono immersa. Era più profonda di quello che sembrava, potevo girarmi dentro come un pesce. C’erano poche luci nella stanza. Ora le contrazioni erano molto forti, quando arrivavano forse piangevo, non ne sono sicura, di sicuro gridavo. Il dolore era potente, maestoso; Rita stava per nascere.
Lisa e Giulia erano attorno alla piscinetta. Io ero appoggiata al bordo con la schiena e Michele mi abbracciava. La sua presenza mi dava forza, sentivo la sua adrenalina, la sua vicinanza non solo fisica.
La presenza delle ostetriche mi dava una sicurezza salda: c’erano. E mi dicevano che ce l’avrei fatta.
Una spinta.
Ancora una spinta.
E improvvisamente, eccoti.
Piccola, viscosa, calda, vera, rugosa, i capelli, il piccolo naso, la bocca. Piange? Piano. Vieni. Stai.
Ti abbraccio, sei arrivata, sei Rita, sei la mia bambina che era nella pancia, sei fatta di me e di Michele, sei tu, sei all’inizio di tutto, chissà come sarai.
Poco dopo, fuori dall’acqua, è nata la placenta. Poi Rita è stata pesata e misurata. Nel lettone si è attaccata al seno. Ecco come si allatta, anch’io Rita sto imparando tutto di nuovo.
—
Grazie a Michele che ha creduto in me. Sono certa che Rita sia fatta d’amore.
Grazie alle ostetriche Lisa e Giulia. La nascita è un processo naturale. Così è nata mia figlia, seguendo le esigenze e i tempi del mio corpo. Senza ossitocina, senza tagli, senza scorciatoie. Grazie a voi, professioniste, amiche, ho fatto tutto da sola.
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Elisa
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